Foto: De Chirico, Enigma dei grattacieli
Dall’undici maggio a Roma, nel cuore del popoloso e multietnico quartiere Esquilino, è aperto al pubblico un nuovo e accogliente spazio per l’arte e la cultura. Si trova nell’ex Ufficio d’Igiene del Comune di Roma, un edificio in stile umbertino, ribattezzato Palazzo Merulana, dal nome della via in cui si trova. E’ stato ceduto nel 2002 dal Comune, che ne è proprietario, in comodato per novanta anni alla Fondazione Elena e Claudio Cerasi che ha provveduto ad accollarsi interamente i lavori di ripristino, costati sei milioni di euro, affidando la gestione a CoopCulture e a venti ragazzi assunti per la bisogna. Un pezzo di Roma che da oggi torna a nuova vita, dopo mezzo secolo di abbandono.
1800 metri quadrati di spazio su quattro piani espositivi, più il terrazzo. Al piano terra la sala delle sculture ad accesso gratuito, con un bookshop, una caffetteria e il giardino, al secondo piano il Salone, il cuore della Collezione Cerasi in cui i dipinti, la maggioranza, si alternano alle sculture, al terzo piano la Galleria, uno spazio dinamico aperto sul contemporaneo (Mario Schifano, Tano Festa, Alighiero Boetti, Fausto Pirandello, Gerardo Dottori, Titina Maselli), e sulle mostre temporanee, al quarto l’Attico per attività culturali e eventi enogastronomici, infine la terrazza, il luogo privilegiato per ammirare dall’altro fra i platani i tetti e le cupole della città.
Nel 1885 il Comune di Roma diventava proprietario di un intero isolato di quasi seimila metri quadrati situato fra le attuali via Merulana, via Manzoni, via Ariosto e via Galilei. E’ qui che sorse dopo varie vicende la sede dell’Ufficio d’Igiene del Comune. Un grande edificio inaugurato nel 1929 che disponeva oltre che di laboratori, impianti igienico-sanitari e uffici, anche di altri spaziosi ambienti. Monumentale l’ingresso, grandioso l’atrio a tre cancelli, con colonne e basi in travertino, nel piano nobile un salone centrale adibito a conferenze, nel piano intermedio una galleria e una camera di proiezione, al terzo piano una sala per la biblioteca e nel piano attico una grande terrazza. Un tipico edificio pubblico di rappresentanza caratterizzato da ampie aperture e raffinate decorazioni all’interno e in facciata. Un palazzo elegante e maestoso come mostrano le numerose foto d’epoca dell’Istituto Luce in mostra, ma dalla vita breve e travagliata. Già negli anni cinquanta-sessanta iniziano le demolizioni. Rimangono parzialmente in piedi, grazie all’intervento della Soprintendenza, solo due fabbricati su via Merulana e via Galilei, ma il degrado è tale che finiscono ben presto con l’essere abbandonati. Per proteggerli da ulteriori crolli viene costruito in diagonale un muro di sostegno, una specie di ‘sperone’ alla Valadier simile a quello del Colosseo. E col passare degli anni se ne perde perfino la memoria, quasi fossero i resti di un bombardamento. Una ferita nel tessuto urbano della città, che appariva non più recuperabile. E che invece è stato possibile risarcire grazie a un progetto messo in atto dalla SAC S.p.A Società Appalti Costruzioni, l’impresa di famiglia fondata da Claudio Cerasi nel ’68, impegnata in grandi imprese, come la costruzione del MAXXI . Anche in questo caso c’è voluto del tempo. Nel 2000 (sindaco Rutelli), il progetto di recupero dell’edificio viene inserito in un piano di ‘project financing’, poi la gara nel 2002, quindi due anni dopo la firma della convenzione col Comune (sindaco Veltroni), ma bisognerà aspettare altr. otto anni per liberare definitivamente l’immobile dalla presenza dell’Asl (sindaco Alemanno). Infine nel 2014 l’inizio dei lavori. ‘Fin da subito è stata scelta, in accordo con la la Soprintendenza, la via di una ricostruzione filologica dell’edificio, intesa a restituire fedelmente la sua immagine e a risanare una ferita rimasta aperta per quasi mezzo secolo nel cuore di Roma’, ricorda Claudio Cerasi, imprenditore di successo e illuminato mecenate. Sono stati ripristinati gli ambienti di maggior pregio, i saloni a doppia altezza del piano terra e del piano nobile, le colonne dell’atrio rinvenute in pezzi, le campate, gli archi. E con grande cura dei particolari, sia per l’aspetto formale, riprendendo il disegno originario del pavimento, sia per quanto riguarda i materiali, coerenti con quelli usati in origine. Il fine donare uno spazio aperto alla città, per la città, mettendo al centro di tutta l’operazione la Collezione Cerasi. ‘Una raccolta costituita da un cospicuo numero di capolavori di pittura e scultura italiana fra le due guerre’, precisa Fabio Bensi, che privilegia l’arte romana che nel panorama italiano di quegli anni aveva assunto una singolare vivacità e varietà di espressioni, primo nucleo delle opere acquisite). Un insieme che testimonia e riflette l’amore dei collezionisti per la cultura romana. Ma che si amplia poi in altri contesti italiani del medesimo periodo e in altre scuole e tendenze.
Molti i contatti con istituzioni e associazioni, molti i progetti e le iniziative in programma per riempire di contenuti e di gente le luminose sale del palazzo di via Merulana. Fra questi una serie di mostre ispirate alle opere della collezione e ai loro agganci col moderno e col contemporaneo. A partire in autunno da una monografica che si ispira ai ‘Bagni misteri’ di de Chirico. A seguire un ciclo tra innovazione e tradizione con il ritorno a Roma di William Kentridge e poi Jean Fabre. Non solo mostre, anche teatro, cinema, musica, letteratura. A giugno l’incontro con gli scrittori del Premio Strega e a settembre ‘Quel pasticciaccio brutto’, la Settimana del giallo italiano. Ineludibile il richiamo a Carlo Emilio Gadda.
Il viaggio attraverso l’arte raccolta con amore e finissimo gusto in tanti anni da Elena e Claudio Cerasi può cominciare proprio dal pianterreno a ingresso libero, anzi dalla strada. Perché le grandi sculture che popolano lo spazio d’accoglienza s’intravvedono attraverso le tende appena scostate. Sono opere di grande impatto quasi tutte in bronzo, alcune molto imponenti come ‘Fuga da Sodoma’ del ’36 che portano la firma dell’amata Antonietta Raphael, di cui la collezione annovera molti esemplari, di Ercole Drei ‘Calciatori’ del’29, di Periche Fazzini ‘Ragazzo con i gabbiani’ del ’40-’46. Ma anche più recenti come la ceramica policroma di Luigi Ontani ‘Dante Dente, busto Dante’ del ’97 e di Mario Ceroli ‘Ritratto di donna’ del’68 in legno di pino.
Il clou si raggiunge nel grande salone del secondo piano dove ampi divani (praticamente inesistenti nei musei e nelle mostre), invitano alla sosta, ad ammirare l’arte a Roma tra ‘Valori Plastici’ e realismo magico. Sulla parete di fondo si staglia il grande bassorilievo in gesso dei cavalli che s’ispira al fregio di Fidia del Partenone di Duilio Cambellotti, poliedrico e geniale scultore, ceramista, incisore, illustratore, di cui sono in mostra alcune delle sue creazioni più famose, come la ‘Conca dei bufali’ del 1910. Al centro della sala svetta una presenza che può apparire incongrua, di Jean Fabre ‘L’uomo che dirige le stelle’, un bronzo al silicio del 2015. All’inizio della sala, poggiati su una base, ‘Le quattro stagioni ‘(Primavera, Estate, Autunno, Inverno) terracotte policrome del’39-’41 di Leoncillo, altro amato artista della coppia dei collezionisti. E sulle pareti il meglio del meglio di quegli anni favolosi. Da Scipione a Trombadori, a Edita Broglio, Mafai, Mazzacurati, Janni, Ziveri, Ferrazzi, Gentilini, Cagli, Cavalli. E il Capogrossi, maestro della pittura tonale de ‘I canottieri’ del’33 e di ‘Ballo sul fiume’ del ’36. Ma l’anteprima è nella saletta dedicata a ‘Primo Carnera campione del mondo’ del ’33, considerato per i pixel il primo quadro della pop art che ha rivelato sul retro un dipinto futurista del’26 ‘Vaprofumo’, firmato ‘FUTURBALLA’. E il quadro da cui tutta la collezione ha preso il via, gli incantevoli ‘Piccoli saltimbanchi’ di Antonio Donghi, acquistato dai Cerasi nell’85 appena ritrovato negli Stati Uniti, dopo averlo perso di vista. Un’intera stanza è dedicata ai ‘Bagni misteriosi’ di de Chirico , fra i dipinti più importanti della collezione. Nati nel ’34 per illustrare un libro dell’amico Jean Cocteau si rifanno alle memorie infantili dei bagni di Volos che si mescolano a suggestioni metafisiche. Ed ecco un’ altra saletta di meraviglie. ‘Lo studio’ di Felice Casorati, ‘Le amiche’ e ‘I gemelli’ di Massimo Campigli, ‘Maternità’ di Gino Severini e ‘Paesaggio urbano’ di Mario Sironi.
Palazzo Merulana, via Merulana 121, Roma. Informazioni tel. 06-39967800 e www.palazzomerulana.it Orari: maggio dalle 9.00 alle 20.00, chiuso il martedì (Collezione, CafèCulture & Bookshop). Da giugno dalle 14.00 alle 20.00 lunedì, mercoledì, giovedì, venerdì, chiuso il martedì (Collezione). La mattina su prenotazione per gruppi e scuole. CafèCulture & Bookshop dalle 8.30 alle 20.00 dal mercoledì al lunedì, chiuso il martedì.