Cappella Brancacci, la scoperta dopo il restauro: tracce di foglie e pigmenti scomparsi nell’affresco di Masolino

da | 1 Giu 2024 | Arte e Cultura

L’intervento appena concluso apre a nuove ipotesi interpretative

Nuove e più dettagliate ipotesi circa la ricostruzione dell’immagine originaria dei dipinti della Cappella Brancacci sono emerse a conclusione del lungo restauro che ha interessato il ciclo pittorico  della Chiesa del Carmine, punto di partenza del grande Rinascimento Fiorentino, studiata nei secoli da tutti i maestri dell’arte mondiale.
È quanto spiegato in occasione di un incontro con la stampa per la fine dell’intervento, sostenuto dalla Fondazione Friends of Florence e da Jay Pritzker Foundation e che ha visto la sinergia di Comune di Firenze, soprintendenza Archeologia belle arti e paesaggio di Firenze, Cnr e Opificio delle Pietre dure.
L’impiego di innovative tecniche di indagine ha inoltre consentito di riportare alla luce dei caratteri materici del contesto figurativo che, fino a questo momento, erano rimasti nascosti.
I risultati dell’analisi e le ipotesi interpretative saranno divulgati al pubblico durante un convegno annunciato per la primavera del prossimo anno.

Trovato un paesaggio nell’affresco di Masolino

Finiti gli interventi sul ciclo pittorico, nell’affresco Tentazione di Adamo ed Eva di Masolino sono state trovate tracce di pigmento usate per dipingere un bosco e delle fronde che in parte coprivano le nudità. È probabile che quelli che sono stati il primo uomo e la prima donna sulla terra, secondo la narrazione della Bibbia, fossero circondati da un paesaggio verde che oggi non esiste più.
La scoperta inedita è di un ricercatore del Cnr, Cristiano Riminesi. “Studiando questo affresco  – spiega Riminesi – abbiamo trovato delle tracce di arsenico usato per il pigmento giallo e di un blu che dovremo ancora studiare in corrispondenza delle gambe di Adamo ed Eva. Per il momento non sappiamo dire a quando risalgano ma siamo certi che non sono dello stesso tipo delle foglie di fico eliminate nel corso del restauro che ha interessato gli affreschi negli anni 80 e 90 del secolo scorso. Sappiamo anche che sono antecedenti rispetto a quelle seicentesche.  Potrebbero essere opera dello stesso Masolino (1425) ma anche dipinte più tardi, verso il 1480, da Filippino Lippi”, conclude Riminesi.
“Grazie ad alcuni strumenti diagnostici innovativi si è potuta individuare la presenza di tracce di un elemento chimico che contiene un pigmento che ad oggi è scomparso – aggiunge Alberto Felici, funzionario della Soprintendenza – È un dettaglio non da poco perché ci restituisce un’immagine molto diversa dall’attuale. Ora, questo dato scientifico dovrà essere messo in relazione con il dato storico e artistico per formulare da qui al 2025 ipotesi puntuali”.

La Cappella Brancacci

Capolavoro assoluto del Rinascimento, la Cappella Brancacci si trova all’interno della chiesa di Santa Maria del Carmine, a Firenze. Come noto, conserva un prezioso ciclo pittorico avviato da Masolino e Masaccio e poi completato da Filippino Lippi, la cui realizzazione a partire dal 1423 si deve al ricco mercante Felice Brancacci. Nonostante i rischi corsi nei secoli – dal tentativo di trasformazione della cappella in stile barocco nel 1680 fino all’incendio che nel 1771 devastò l’interno della chiesa – i dipinti sono giunti fino a noi.
Per varie vicissitudini attraverso i secoli, questo scrigno di affreschi non ha mai avuto vita facile e numerosi sono stati gli interventi di restauro effettuati nel corso del tempo.
La necessità di analizzare lo stato di conservazione generale del ciclo pittorico e, successivamente, di avviare un’operazione di restauro è emersa per la prima volta nel novembre del 2020 al seguito del distacco di un piccolo frammento di pellicola pittorica dall’affresco raffigurante la Disputa di Simon Mago, dipinta da Filippino Lippi agli inizi degli anni Ottanta del Quattrocento.

Il restauro

Il restauro si è fondato su un lavoro approfondito di conoscenza dell’opera, a partire da un accurato studio delle superfici del ciclo di Masolino, Masaccio e Filippino Lippi.
Ci sono voluti ben quattro anni per restituire l’antica brillantezza dei colori, solidità alla pellicola pittorica  e per scoprire nuove e sorprendenti interpretazioni dei dipinti.
L’intervento è stato, infatti, completato nell’aprile 2024 al termine di approfonditi accertamenti delle condizioni conservative dell’intera opera che presentava numerosi distacchi dell’intonaco. Sulle superfici murarie si è proceduto attraverso la sperimentazione di nuovi sistemi di pulitura superficiale e controllata a base di gel viscoelastici.
“Grazie all’uso di tecniche altamente innovative e alla scansione di ogni parte del ciclo — spiega Sara Penoni, restauratrice dell’Opificio  — è stato possibile riconoscere tutti i segni lasciati dagli artisti durante la composizione delle opere, ricostruirne la situazione conservativa e analizzare le malte usate negli anni 80 e 90 durante lo storico restauro curato da Umberto Baldini”.
“Quanto si è scoperto – continua Penoni –  è che malte, cosiddette a presa autogena, potevano da noi essere parzialmente riutilizzate negli interventi necessari anche se andavano in qualche caso modificate laddove ci si trovava in presenza di alcune componenti oggi non più a norma. Con una parziale modifica dunque si è proceduto, nell’affresco che presentava maggiori distacchi (quello in alto a destra, di Masolino, che raffigura la Guarigione dello storpio e la resurrezione di Tabita) con degli interventi con questa malta parzialmente modificata”.

Nuove metodologie di conservazione

Il lavoro svolto in questi anni sulla Cappella Brancacci ha inoltre consentito di definire strategie per il monitoraggio futuro dell’integrità delle strutture e del deposito della polvere sulle superfici.
Un team di esperti ha, infatti, messo a punto un protocollo di intervento che andrà avviato quando gli affreschi avranno bisogno di essere manutenuti attraverso una pulitura. “Si procederà con una spolveratura e con l’utilizzo di acqua mista a un gel con un solvente che non si diffonde sulla superficie pittorica” anticipa Sara Penoni.
“Per stabilire quando si dovrà intervenire sono state create delle specie di mattonelle della misura di 10 per 10 centimetri — aggiunge Riminesi — dipinte con gli stessi materiali degli affreschi. Saranno custodite in Cappella Brancacci alle stesse condizioni di temperatura e luce degli originali e tenute sotto osservazione. Solo se le mattonelle daranno segno di sofferenza si salirà sui ponteggi e si puliranno gli affresch”.

Come visitare la Cappella Brancacci

Il lungo restauro della Cappella Brancacci è stato condotto dando la possibilità al pubblico di apprezzare a distanza ravvicinata i capolavori di Masolini, Masaccio e Filippino Lippi. Circa “76 mila visitatori sono saliti sui ponteggi percorribili”, rammenta, infatti la vicesindaca e assessore alla Cultura di Firenze Alessia Bettini.
La Cappella è ora accessibile tutti i giorni escluso il martedì, dalle 10:00 alle 17:00, la domenica dalle 13.00 alle 17.00 (l’ultimo accesso è permesso alle 16:15). Come per tutti i Musei civici fiorentini, i biglietti sono acquistabili sul portale ufficiale bigliettimusei.comune.fi.it oppure direttamente presso la biglietteria in piazza del Carmine 14.
Le visite guidate sono prenotabili via mail (cappellabrancacci@musefirenze.it), per telefono (055 2768224), oppure direttamente presso la biglietteria. Possono effettuare la visita gruppi di massimo 30 persone. La durata di permanenza nella Cappella è di 30 minuti.

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