Banksy in Ucraina: a Borodjanka spuntano i murales contro la guerra

da | 14 Nov 2022 | Arte e Cultura, Persone e Carriere

Una ragazza intenta a compiere un’acrobazia tra le macerie di un grattacielo; una ballerina che danza su un masso; una ginnasta che fa evoluzioni con il nastro; un giovane judoka che stende al tappeto un uomo (evidente il rinvio al presidente russo Putin, sospeso dai vertici della federazione internazionale di judo dopo l’invasione dell’Ucraina). E, poi, su alcuni blocchi di marmo, due bambini che giocano su un’altalena che, in realtà, è un cavallo di frisia, ostacolo difensivo impiegato per impedire l’avanzata del nemico: un modo per denunciare l’infanzia rubata ai più piccoli a causa della guerra che da quasi un anno sta interessando il territorio ucraino. Sono questi gli eroi involontari dipinti da Banksy a Borodyanka, nell’insediamento urbano dell’Oblast, a 50 km da Kiev. Un paesaggio disseminato di rovine. Nessuna traccia di vita.
Qualche giorno fa, nello scenario apocalittico dell’Ucraina invasa da Putin, sono affiorati alcuni murales che il fotografo Ed Ram ha diffuso sui social chiedendo: “Qualcuno sa se è un #Banksy?”. La risposta non si è fatta attendere. Il celebre street artist di Bristol, infatti, ha subito rivendicato sul suo profilo Instagram la paternità di una delle opere, quella raffigurante la ragazzina in equilibrio sulle macerie.
In attesa di una rivendicazione ufficiale da parte del diretto interessato erano stati Stefano Antonelli e Gianluca Marziani, curatori di diverse mostre di Banksy, a sbilanciarsi sull’effettiva paternità dei murales: “Sembrerebbe proprio che l’artista britannico si sia recato nella zona di guerra per realizzare i due lavori in foto nella città di Borodjanka,” aveva fatto sapere Antonelli. “Pochi dubbi che sia lui. È plausibile che ne spuntino fuori altri nei prossimi giorni”.
Finora, dinanzi al trauma assurdo ma reale e tremendo della guerra, questo originale inviato speciale tra le emergenze sociali e politiche del nostro tempo era rimasto in silenzio. Non una forma di diserzione, ma la presa d’atto della propria impotenza.
Mesi fa erano circolate voci di sue possibili incursioni a Lampedusa e, appunto, in Ucraina. Lo scorso aprile, lo street artist francese C205 (Christian Guémy), molto amico di Banksy, era stato nel paese in guerra per azioni simili e risulta che fosse stato contattato dal collega inglese. “Banksy agisce sempre contando sull’aiuto e sul supporto di persone del posto. – spiega Antonelli – Ci vuole molto coraggio e determinazione, ma ha voluto assolutamente esserci”. Così, il celebre artista britannico che ha fatto dell’invisibilità il suo “super potere” è giunto in Ucraina e ha depositato, su brandelli di architetture bombardate, le sue iconografie clandestine, che si situano sulla soglia tra giornalismo, straniamento e humour nero. Favole al contrario, in un atroce teatro di guerra che vede protagonisti personaggi ingenui e liberi, in grado di opporre al male la forza dell’immaginazione e il potere della speranza. “Questa volta- conclude Antonelli – i protagonisti sono soprattutto bambini che sanno muoversi con leggerezza e restare in equilibrio, un invito a sorridere anche in una situazione drammatica. Sembra quindi che voglia investire le nuove generazioni della responsabilità di guardare le cose in modo diverso. Banksy sgancia bombe per fare la pace”.
Non è la prima volta che Banksy mostra la propria solidarietà al popolo ucraino. Il misterioso artista era già intervenuto a sostegno dell’Ucraina mettendo all’asta, lo scorzo marzo, una delle sue opere per finanziare l’ospedale pediatrico più grande di Kiev: l’Ohmatdyt children’s hospital. L’opera scelta dallo street artist per questa operazione benefica risale al 2005, si intitola CND Soldiers e porta il segno dell’ironia e del rovesciamento che hanno fatto dell’artista britannico un nome di culto dell’arte contemporanea: ritrae infatti due soldati in assetto da combattimento che con aria guardinga, come durante un’azione di guerra, stanno dipingendo il segno della pace su un muro. Il ricavato è stato di 81mila sterline.

Clicca sul Banner per leggere Territori della Cultura n° 59